Di quel caldo che per sentirti in vacanza ti metti le infradito anche per fare la spesa.
Poi appena arrivi nel reparto surgelati ti penti, ma è sempre troppo tardi.
Sto rientrando da una vacanza nel Salento. Ho sì e no vent'anni e sono da solo, questo vuol dire che mi si prospetta un'unica alternativa caratterizzata da:
Treno.
Posto a sedere.
Notte.
Foto: Ernesto Imperato - TrenoManiaFoto
La sala d'attesa della stazione di Lecce brulica di gente. La mia unica compagna di viaggio è la chitarra di un amico.
C'è chi fa la coda in biglietteria sperando di fare in tempo prima che chiuda, qualcuno invece allunga il collo, oltre il viavai di persone. Guarda fuori dall'ingresso, dove ha lasciato la macchina in doppia fila sperando che non sia di troppo intralcio.
Le calzature ai piedi sono delle più svariate, si va dall'infradito già citato in apertura fino allo scarpone di cuoio del metallaro convinto, passando per l'immancabile sandalo col calzino. Bianco. Il calzino.
Se non fosse per l'abbinamento sandalo-calzino, li noteresti subito da come si guardano intorno spaesati. Padre e madre, quest'ultima con bimbo in braccio, carnagione chiara arrossata dal sole delle nostre latitudini, tutti e tre semplicemente Biondi. Di sicuro non doveva essere questa la loro idea iniziale di viaggio, fatto sta che ci sono dentro e cercano di capire dove andare. Conoscono quattro parole di Italiano e non riescono a metterle a fuoco fra le insegne della stazione.
Io sono lì, chitarra fra le mani e sguardo perso.
Forse per il mio sguardo, un po' perso come il loro, decidono di chiedere a me. Hanno un biglietto del treno ma è bianco e porta scritti solo gli orari dei loro treni e le coincidenze. Si fanno capire in un mezzo Inglese e chiedono dove sia il treno per Milano. Non hanno tutti i torti visto che l'orario di partenza è imminente, loro non lo sanno ancora ma qui, in Italia, ad Agosto, è una storia senza fretta. Gli faccio segno di non preoccuparsi e di aspettare con me. Il loro sguardo diventa un po' meno perso e la mamma decide che può rimettere giù il bimbo. Ha capito che qui, stasera, stanotte, non si corre.
Con calma il treno arriva, viaggiando da solo mi muovo agilmente e non faccio fatica a conquistare un posto finestrino. Sarà un po' più scomodo alzarsi ma almeno posso guardare fuori.
Con gli altri cinque compagni di viaggio decidiamo, all'imbrunire, che la luce si può tenere spenta e questo aiuta i miei occhi a vagare fuori dal vetro, in spazi più ampi del minuscolo scompartimento da sei posti.
Il treno corre veloce e gli occhi seguono, per quel che riescono, luci e figure che sfrecciano di lato.
Mi ritrovo a rubare attimi di falò sulla spiaggia, discoteche sotto le stelle, griglie fumanti gestite da ragazzi, cuochi per una notte.
Il treno rallenta, non ci sono luci né colori fuori dal finestrino, lo abbasso con il tacito consenso dei miei compagni di viaggio. Ecco che nell'oscurità sento il profumo di salsedine e il rumore del mare.
Un mare calmo, un mare che quasi sottovoce accarezza gli scogli, illuminati fievolmente da qualche luce del treno.
Il tempo di assaporare questo quadretto, il treno fa un fischio e riprende velocità.
Rialzo il finestrino, già che sono in piedi sgranchisco le gambe e mi avventuro in corridoio.
(continua)
A presto,
Polo
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